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Gli ultimi uomini Blu [1]
Prima parte
I Tuareg vivono in bilico tra passato e presente, tra modernità e tradizioni, con l'impossibilità di tornare indietro nel tempo e la difficoltà oggettiva ad assimilare nuovi modelli culturali. Non hanno smesso di sognare gli spazi senza fine del Sahara. Sono nomadi anche da fermi, perché - come ha scritto qualcuno - "L'essere nomade è un modo di vivere, ma anche un modo di pensare". "Solo quando viaggio nel deserto mi sento davvero felice", mi confida Hassan, un Tuareg di origini nigerine. "Una casa, una vera casa di pietra o mattoni, è come una tomba (...) Si può anche vivere qualche volta sotto una tenda, ma la cosa migliore per noi è dormire sotto un tetto di stelle".
Hassan è bravo e fortunato: lavora per un tour operator e scorrazza per il deserto libico piccoli gruppi di turisti. Guida costosi fuoristrada muniti di sistemi di orientamento satellitare, ma non rinuncia a preservare alcuni usi e costumi del suo popolo. Cuoce il pane sotto la sabbia arroventata dalle braci e prepara il tè secondo un rituale antico e immutato, fatto di mille travasi. "La tradizione impone che vengano offerte tre tazze", racconta. "La prima è amara come la vita. La seconda dolce come l'amore. La terza soave come la morte".
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